Mettiamo il caso che entriate in pasticceria dicendo di aver bisogno di una torta per una cena tra amici. Mettiamo poi che, guardando l’esposizione nella vetrina frigo, indicando un dolce, chiedeste:
“Cosa c’è dentro?”
E la commessa rispondesse: “Mousse leggera al cioccolato fondente 72%, inserto di gellée di amarene, cremoso alla nocciola e biscotto morbido alla mandorla, con fondo di sablé olandese”, iniziando poi, vedendovi indecisi, a elencarvi e a proporvi le restanti torte, ripetendo più o meno la stessa filastrocca… Voi, che cosa capireste realmente? Soprattutto, sarebbe riuscita a vendere un dolce oppure uscireste dal negozio più confusi di prima, con frasi del tipo “Chiedo a mia moglie e le faccio sapere” o “Va bene, la ringrazio, ripasserò più tardi”?
Allo stesso modo, se rispondesse: “Nocciola, amarene e cioccolato”, venderebbe ugualmente la torta? Oppure vi darebbe soltanto un’idea superficiale di come quel dolce è fatto? Forse, anche in questo caso, andreste via senza sapere che in quella torta ci sono sei preparazioni e senza poter apprezzare l’artigianalità del prodotto.
Ecco come diventa importante scegliere bene e formare con cura chi sta dietro al bancone, come vendere non sia un atto di pura formalità, ma parte integrante del processo di produzione e di costituzione del nostro brand.
Il ruolo di banconiere/a è quello del mediatore, un ponte tra laboratorio e negozio: un po’ come un interprete, che traduce il pasticcerese. E’ proprio questo il punto: per poter comunicare al meglio col cliente bisogna imparare e tradurre il linguaggio dei pasticcieri.
La prima regola per comprendere cosa dice il pasticcere, cosa comunica nei dolci che crea, è osservare. Che stiate voi alla vendita o che abbiate assunto qualcuno, prima di poter insegnare è necessario guardare in prima persona.
Anche adesso che non sono più dietro al bancone, trascorro tutto il tempo che posso in laboratorio: osservo la lavagna su cui viene programmato il lavoro quotidiano, osservo come Simone insegna ai ragazzi a muovere le mani, guardo come si compongono le ricette e, nei momenti tranquilli, faccio domande. Chiedo il perché dell’utilizzo di una farina piuttosto che un’altra, perché riscaldare a una certa temperatura cambia il risultato di una crema, perché muovere le mani in un determinato modo rende un impasto liscio.
È importante conoscere i processi di produzione nella propria pasticceria, le materie prime utilizzate e i tempi di produzione, per tanti motivi. In primo luogo, sapere ci fa apparire professionali e competenti; in secondo luogo, ci permette di operare già una prima mediazione, spiegando ai nostri collaboratori cosa devono imparare finché non riusciranno a fare ciò che facciamo noi. Infine, in questo modo, trasmettiamo ai clienti la nostra passione e quella di chi sta in laboratorio.
Così, una volta che impariamo cosa contengono le mignon, le torte e i biscotti che abbiamo in linea, una volta che mastichiamo qualche tecnicismo, possiamo tradurre in una lingua comprensibile al cliente ciò che sappiamo.
È molto difficile trasmettere la passione, l’impegno e la fatica nascoste dietro a un dolce ben eseguito, senza apparire pedanti o noiosi. Al contrario, per evitare di essere troppo tecnici, potremmo rischiare di sminuire il prodotto e di non fornire all’acquirente le informazioni necessarie per guidarlo nella scelta.
E quindi… Come si fa? Non esiste una scienza esatta, ma possiamo adottare degli accorgimenti per perfezionare ogni giorno la nostra comunicazione.
· La comunicazione urlata non comunica
Il tono di voce con cui parliamo al cliente è senza dubbio fondamentale affinché le informazioni vengano recepite: non deve essere troppo alto perché disturba, ma nemmeno troppo basso perché, forse, il nostro interlocutore non oserà chiedere di ripetere, sentendosi in difetto per non aver capito.
La nostra voce deve essere rassicurante e calma, il nostro viso disteso e le espressioni facciali devono trasmettere lo stesso messaggio del linguaggio verbale. Non posso dire che una torta è senza glutine se balbetto o sgrano gli occhi mentre lo dico: la mia insicurezza rende incerto il contenuto.
· Niente paroloni
Una volta che abbiamo imparato la teoria di qualche procedimento, ci verrà quasi spontaneo utilizzare la terminologia che vediamo sulle ricette o che sentiamo in laboratorio. Se adoperiamo termini come sablé, frolla montata, crema inglese, però, non dobbiamo dare per scontato che gli altri sappiano cosa significhino, perché, banalmente, il cliente non è pasticciere.
Possiamo invece introdurli e spiegarli, senza essere troppo tecnici e attenendoci al contesto: per esempio, se prendiamo l’ordine di una torta, potremo dire che la sablé è un tipo di biscotto croccante da inserire alla base.
· Tre domande, due possibilità, una scelta
Poniamo una situazione tipo in cui il cliente entra in negozio e dice: “Vorrei una torta per stasera”. Ascoltare è la prima regola per acquisire informazioni. Per questo, di solito utilizzo tre domande per arrivare a capire i gusti e le preferenze, proponendo poi le alternative adatte.
È una buona abitudine avvicinarsi alla vetrina dei prodotti richiesti, per mantenere il tono di voce giusto e integrare con la gestualità ciò che diciamo.
- Intolleranze o allergie?
Prima di indirizzare il cliente, dobbiamo essere certi di consigliare qualcosa che non rechi danni. Cercate sempre di capire se si tratta di intolleranze o allergie: è chiaro che, a seconda della risposta, potrete proporre alternative diverse o interpellare il laboratorio per sapere se, a seconda dei tempi di preparazione, è possibile accontentare il cliente.
Non abbiate paura di dire no: se non siete sicuri, se le informazioni a vostra disposizione non sono sufficienti, se il cliente non fosse convinto, è meglio perdere la vendita ma tutelare sempre la salute di chi si fida di noi.
- Quanti siete?
Una volta constatato che il cliente e i suoi ospiti possono mangiare tutto, sapere all’incirca di quante persone si tratta, riduce già le alternative da proporre.
- Quali gusti vi piacciono? Preferite gli abbinamenti con la frutta o i gusti al cioccolato?
Certamente la distinzione non sarà così netta e l’una non esclude l’altro, ma ci saranno degli ingredienti prevalenti nei dolci che proporrete e, se li conoscete tutti e li avete assaggiati, indirizzare la scelta sarà più facile.
Qualcuno risponderà “Preferiamo gusti semplici”, “Ci piace la nocciola”, “Non siamo amanti del cioccolato”, oppure “Adoriamo la Sacher, c’è qualcosa di simile?”.
A questo punto, avrete informazioni sufficienti per rispondere, con attenzione.
Proponete due possibilità, tre al massimo, se notate dalle sue espressioni che il cliente è ancora indeciso: non avrebbe senso, infatti, aver ridotto la scelta con domande mirate se poi confondeste nuovamente le idee del vostro interlocutore. Infine, tenetevi, quando possibile, un’ultima alternativa, magari un tipo di torta ancora da glassare e decorare ma pronta in laboratorio, oppure qualcosa da preparare ad hoc per assecondare le esigenze del cliente.
A questo punto che avete soltanto due dolci da raccontare, è più facile essere precisi nella descrizione senza tediare l’acquirente.
Come abbiamo già detto più volte, la comunicazione non è fatta soltanto di parole. Quando cerchiamo di tradurre il pasticcerese in una lingua comprensibile, è necessario non limitarci a elencare gli ingredienti contenuti nella torta, ma anche comunicare l’impegno, lo studio e la passione che hanno portato a quel risultato. Per farlo, bisogna in primo luogo assaggiare i prodotti – sacrificio senza dubbio gradito – e poi accompagnare la spiegazione con un modo di porsi sicuro e un bel sorriso.
Parlare lentamente, utilizzare i gesti ma senza esagerare, mantenere una postura eretta e aperta, sono tutti atteggiamenti che fanno capire al cliente che non siamo lì per metterlo in difficoltà, ma siamo dalla sua parte, siamo come lui – cioè non pasticceri – e vogliamo guidarlo alla scelta più consona alle esigenze del momento.
In questo modo, molto probabilmente, arriverete a una scelta consapevole, insieme. E anche se, alla fine, la decisione non dovesse essere quella da voi consigliata, avrete comunque svolto il vostro compito.
Sarebbe bello che la comunicazione fosse sempre lineare ma, come ben sappiamo, la realtà quotidiana non è così: dobbiamo prepararci a rispondere alle obiezioni e alle domande più disparate.
Essere preparati è fondamentale per mantenere corretti tono di voce, gestualità e velocità di parola, anche di fronte alle osservazioni inaspettate. Eppure, arriveranno comunque domande che non ci aspettiamo perciò più ci alleniamo, più saremo pronti a trovare le risposte.
Ci sono infatti alcune obiezioni ricorrenti a cui possiamo prepararci a replicare:
· È troppo caro.
Quante volte l’abbiamo sentito? È più che legittimo che il cliente stia attento al rapporto qualità- prezzo, anche se sempre più spesso, lo stesso cliente, quando si tratta di cibo, si preoccupa di mangiar bene e in modo salutare. Ecco perché, se siamo in grado di spiegare la qualità delle materie prime adoperate, la nostra attenzione all’igiene e la nostra cura, saremo altresì capaci di giustificare il prezzo di ciò che vendiamo.
· Sono diabetico, non so se posso mangiarlo.
Viviamo in un’epoca in cui la pasticceria si è evoluta molto in questo senso; esistono tantissimi zuccheri alternativi al comune saccarosio, con un basso indice glicemico, che anche chi soffre di diabete o segue una dieta specifica può mangiare. Spiegarlo e interpellare il pasticcere testimonia al cliente che studiamo per provare ad accontentare tutti. Il discorso vale, ovviamente, per allergie e intolleranze di ogni tipo.
· A me piace ma non credo piaccia a tutti. In più ci sono anche dei bambini.
Questo capita soprattutto quando proponete gusti o abbinamenti particolari. In questo caso, ci sono due strade da percorrere: insistere sulla scelta indicata, spiegando ulteriormente il contenuto del dolce che può soddisfare il palato di tutti, oppure cambiare torta o addirittura prodotto. Se, infatti, avete esaurito le proposte, optare per un vassoio di pasticcini con molti abbinamenti potrebbe salvare la vendita.
Questi sono soltanto alcuni esempi. In ogni attività si impara a gestire obiezioni diverse: una volta riflettuto su quali sono più ricorrenti nel vostro negozio, le risposte diventeranno routine.
Se poi, vi trovate ancora in difficoltà, per sostenere maggiormente le vostre argomentazioni non c’è miglior modo che interpellare il pasticcere: la sua spiegazione tecnica completerà la vostra. Inoltre, far assaggiare la professionalità al cliente, è utile anche quando c’è da prenotare un dolce, far provare un biscotto appena sfornato o presentare un prodotto nuovo ai più affezionati.
Potremmo definirci traduttori, come l’interprete che traduce un romanzo da una lingua straniera. Trasmettiamo la passione e lo studio delle ricette, come chi traduce le parole dei grandi autori. Qualche volta, poi, ci serviamo dell’autore stesso dietro al bancone, per raccontare meglio la storia e il progetto in cui crediamo.
Se ci esercitiamo, proprio come chi in laboratorio prova e riprova gli abbinamenti, se impariamo a comunicare bene, il cliente, soddisfatto, ritorna.
E allora… buona comunicazione a tutti!
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